Meridionale

Meridionale
Reading durante il concerto di Fabrizio Emigli alla Domus Talenti, Roma, 10 marzo 2011

venerdì 15 novembre 2013

Voi mi chiedete che cos’è la poesia, ma io non ho la più pallida idea di cosa essa sia.
Noi poeti scriviamo versi per decifrare un mistero che è contenuto in quegli stessi versi, e questo ritornare al problema partendo dal problema non ne consentirà mai la soluzione.
Ecco perché non ha senso chiedere a un qualsiasi poeta: “Cos’è per lei la poesia?”. Se uno avesse la risposta a una simile domanda farebbe chiarezza su un mistero che è indispensabile alla poesia stessa, causandone, di riflesso, la fine.
Altrettanto non ha senso chiedere a un qualsivoglia poeta: “Perché lei scrive poesie?”, poiché se c’è una cosa che al poeta manca quella è la consapevolezza della sua missione. Il poeta, infatti, non scrive, semmai “trascrive” parole sparse un po’ ovunque che chiedono solo di poter attraversare il suo corpo per arrivare a migliaia di altri corpi.
Quando pensate alla poesia, in sostanza, non fate e non fatevi troppe domande. Abbiate per essa la stessa cura che dovreste avere nell’arte della masticazione: lenta, meditata, ritmata.

venerdì 8 novembre 2013

Non svelare a nessuno il mio segreto

Non svelare a nessuno il mio segreto
Se scostando il velo mi attraversò la luce
e le mani presero a tremarmi
non fu per onestà verso la grazia
che avevi nello scendere le scale
Fu un lento ricongiungersi al mattino
con in bocca il sapore di un tuo bacio
Se scostando il velo mi attraversò la luce
non poteva che trattarsi di un mistero

martedì 1 ottobre 2013

Arriva un giorno

Arriva un giorno in cui
devi rinunciare al mare
Diventi autunnale, ecco
Non è soltanto una questione climatica, ambientale, stagionale
È più di tutto
una faccenda logistica
o se preferisci di manipolazione
L'edicola sarà sempre la stessa
ben inteso
Il senso di marcia all'interno della rotonda
non subirà variazioni
Quasi tutti i telecomandi
avranno le medesime funzioni
così come le chiese
e i matematici
Ma non sarà più estate
nemmeno nei tuoi dolenti racconti
Non affannarti in quelli
Arriva un giorno

venerdì 2 agosto 2013

La tua voce



Dimmi, cosa siamo?
Siamo poco più di un intarsio nel legno?
E ancora, dimmi
a chi giova l’amore
agli scrittori, soltanto?
Sono così disperato, credimi
ho delle fitte strane
in posti che non saprei
Ho sempre saputo tanto poco del mio corpo
e invece, adesso
vorrei potergli parlare
da uomo a corpo
senza erubescenza
Ma il mio corpo non parla
mi dà solo queste pene misteriose
Dimmi, parlami
parlami
come  fosse il caso a parlare
Dimmi, cosa siamo?
Sono la mia voce, forse?
E se non avessi voce, dunque
io non sarei?
Parlami, dimmi
oggi vorrei starmene sdraiato
con tutto il corpo dolorante
a sentire la tua voce
e basta



martedì 23 luglio 2013

Quanto tempo è passato prima che tu non arrivassi



Desideravo rivederti
L’ultima volta (quanto tempo è passato?)
mi facesti promettere che sarei tornato
Anche il posto ti preoccupasti
di raccomandarmi
(l’hai sempre avuta questa fisima per i luoghi)
Sono arrivato, com’era giusto che fosse
all’ora convenuta
Per scrupolo ho scelto la strada più accidentata
essendo pure la più breve
Ti lascio immaginare la fatica
Desideravo rivederti
e ripassavo, nell’attesa
le parole che avrei voluto dirti
scalciando, di tanto in tanto
piccoli sassi diseguali
e accarezzando i ciuffi delle piante
Oh, avresti dovuto vedermi!
Sembravo uno di quegli attori
che si meritano l’applauso in piedi della gente
Quanto tempo è passato
prima che tu non arrivassi
Se solo avessi potuto sentirmi
sono certo non saresti mancata
al nostro appuntamento
Se soltanto avessi potuto misurare
 il mio desiderio
averne l’esatta percezione
la dimensione, il peso, la frequenza
di certo saresti arrivata
nel posto e all’ora convenuti
Immagino sia tardi, ormai
e me ne faccio una ragione
Ogni tanto canto e mi batto le mani
sistemo i miei utensili
giro il guanciale
controllo l’orologio appeso alla parete
Quanto tempo è passato
prima che tu non arrivassi

mercoledì 17 luglio 2013

Se la poesia non contiene in sé un'invenzione, se non è sostenuta da un atto di coraggio linguistico e visionario, se non offre nessuna nuova prospettiva semantica, non serve a niente e a nessuno, se non all'autocelebrazione del suo artefice.

venerdì 7 giugno 2013

Sezione Narrativa edita 1° Premio Bartolomeo Smaldone "Se i tuoi occhi un giorno" (Gelsorosso ed.)

Motivazione:



Questo romanzo di Bartolomeo Smaldone colpisce per almeno due motivi:
- per il contenuto davvero inusuale, con cui -se così si può dire- l’Autore vuol rendere giustizia e restituire dignità all’omosessualità e alla pazzia: due  condizioni umane deprecate, o guardate almeno con sospetto, spesso calpestate, ma sempre censurate e rimosse;
- per la struttura complessa, che inanella al suo interno piani temporali, piani narrativi, vicende, personaggi che trovano puntualmente e brillantemente la giusta collocazione, assumendo pienezza di significato ed esaustività nell’alto messaggio di cui Bartolomeo Smaldone vuol farsi latore.  
La narrazione prende avvio da un romanzo ‘trafugato’, da un io narrante che confessa all’inizio il progetto folle di sostituirsi a chi aveva scritto quelle pagine, nella recondita speranza di una possibile celebrità usurpata con la pubblicazione di quel libro.
A partire da questo momento narrativo, si aprono i piani diversificati della narrazione e cominciano a sciorinarsi rimandi interni abilmente strutturati.
Su un PRIMO PIANO DELLA LETTURA, la lettura che l’io narrante fa del romanzo trafugato,  è la  storia di Lia, una giovane donna che, a sua volta trovando delle lettere in un vecchio secretaire, scopre l’omosessualità di sua madre. Si apre così un SECONDO PIANO DELLA LETTURA: quello in cui è Lia che legge le lettere scambiate tra sua madre Ambra e la sua compagna Fara; un secondo piano di lettura in cui campeggia la storia d’amore tra Ambra e Fara adolescenti, compromessa dall’invidia, dalla grettezza e dal perbenismo ipocrita di un ambiente piccolo borghese che, completamente risolto nella miseria della povera dialettica “vizi privati e pubbliche virtù”, è completamente incapace di comprendere la purezza di un sentimento la cui unica colpa è nel porsi  al di fuori dall’ipocrisia delle  convenzioni. Un amore forte di per sé, ma fragile a fronte della cultura dominante, radicata ed egemone e quindi capace di soffocare e vanificare senza alcuna umana pietas  chi non rientra negli schemi da essa imposti.
Questo secondo  piano di lettura si interrompe con Lia che  decide di andare alla ricerca, dopo tanti anni, di Fara “per rendere giustizia a quelle due ragazze del 1964, a quel loro amore nato nel posto e nel tempo sbagliato.”
 Si  torna così al piano di partenza, il PIANO DELLA REALTÀ, con la crisi di coscienza dell’io narrante, che a sua volta decide di andare alla ricerca dell’autrice del testo trafugato. A questo punto, inaspettatamente, la narrazione si apre a un universo troppo spesso inesplorato, incompreso e rimosso: la pazzia. Consequenziale risulta quindi, nella parte finale del romanzo,  la riflessione che l’autore offre sulla realtà  della malattia mentale e sul messaggio rivoluzionario del grande Basaglia.
La somma di tutte queste esperienze porta infine  l’io narrante a una profonda riflessione su se stesso,  che si traduce in una vera e propria ‘rinascita’ interiore e morale.
Uno  stile  disteso, fluente, tanto più pregevole in una sorta di congenita ‘solarità’ che  vale a sottolineare in modo molto profondo ed efficace la complessità delle problematiche presenti nell’intreccio.